Attività Speleologica e impatto ambientale
L'ATTIVITÀ SPELEOLOGICA E GLI ADATTAMENTI TURISTICI INDIVIDUALI DELLE GROTTE
Giovanni BADINO
Dipartimento di Fisica Generale, Università di Torino. Italia
Associazione La Venta
Qualche anno fa per molti era normale, in montagna, lasciare il sacchetto dei rifiuti.
Era normale che le spedizioni su alte montagne vi abbandonassero tutto il materiale.
Era normale percepire come fatto sempre positivo la colonizzazione umana di zone
selvagge ( campi coltivati e bambini che giocano ), e persino sterminare le
popolazioni che le occupavano inutilmente .
Era normale ipotizzare di usare l Antartide come deposito mondiale delle scorie
radioattive.
Era normale concedere alla ricerca qualunque operazione sull ambiente.
Era normale lasciare rifiuti in grotta.
Era normale adattare selvaggiamente le grotte non solo alle esigenze di
percorribilità umana, ma anche alle idee preconcette di come dovevano essere le
grotte.
Ora, almeno nei paesi più ricchi, non è più normale.Le zone selvagge sono risorse,
e vanno preservate dall impatto umano. Fra esse sono da porre le grotte.
Introduzione
Da un paio di decenni, in parallelo allo smorzarsi delle discese in grotta come grandi imprese, va crescendo la coscienza che le grotte sono ambienti fragili.
Duole dire che questa coscienza è andata crescendo grazie alla distruzione di zone di grotte, un po per noncuranza degli esploratori, un po per eccessiva assiduità degli escursionisti, un po per veri e propri saccheggi fatti a fini di lucro.
Ciascuno di noi può citare esempi di ambienti sotterranei degradati, ma pochi possono testimoniare con vera cognizione in quale misura sia vero perché li hanno visti integri prima. Per limitarmi alla mia esperienza personale fra le prime cito le prime parti del Fighiera, sottoposto ad una pressione esplorativa enorme, fra le seconde le zone Pozzacchione-Serpente, nello stesso complesso (di entrambe sono
corresponsabile). Fra le terze cito le magnifiche zone ricoperte di aragonite degli Scogli Neri, in Liguria, un gioiello di un livello unico al mondo, per anni usate come cave da speleologi attivi nel mercato del commercio dei minerali.
D' altra parte devo sottolineare che già in quegli anni il commercio di concrezioni ci pareva cosa ignobile, eppure ci pareva normale lasciare i rifiuti in grotta.
Qualche riga più su al lettore sarà venuto naturale pensare che chi usava la grotta degli Scogli Neri come cava di cristalli non era degno di essere definito speleologo . Il guaio è che, essendo così vaga la definizione della nostra attività, il privare costoro della qualifica perché danneggiavano le grotte per lucro mi pare inconsistente:
usavano imbraghi, corde, luci e quant' altro proprio come noi, e ad un qualunque incontro si speleologia essi si sarebbero fregiati di quel titolo, come noi. Speleologo è chi si dichiara tale; poi, fra noi, ci sono quelli buoni e quelli cattivi. Da molte parti si è andato affrontando il problema dell' impatto ambientale
dell' attività speleologica. E una questione che spesso è sentita in modo doloroso perché si teme porti con sé la limitazione della nostra libertà di azione in quei mondi, proprio come nel nostro quotidiano dobbiamo sottoporci a innumerevoli limitazioni sociali. Prenderne coscienza pesa, ma è un processo che va avanti da tempo e ora io vorrei delinearlo meglio.
Origine degli impatti
All origine del nostro impatto ambientale c è il fatto che siamo vivi. Possiamo precisare meglio il concetto. Mangiamo, respiriamo, modifichiamo l ambiente circostante e dunque:
1) stiamo vivi al prezzo di creare aumenti di entropia attorno a noi: se l ambiente non è tale da assorbire il caos che emettiamo esso degrada;
2) siamo adattati ad ambienti con caratteristiche piuttosto limitate (una persona allo stato naturale -nuda e senza strumenti- sopravvive in ben pochi posti) e questo ci costringe a modificarci per conoscerne di diversi o modificare quelli che vogliamo colonizzare. Il punto 1 è quello cardinale, e assolutamente ineludibile: non possiamo azzerare il nostro impatto, lo possiamo solo ridurre. Se ne deduce che quando la riduzione è comunque insufficiente dobbiamo valutare il danno che facciamo e, eventualmente,
rinunciare a penetrare in quell' ambiente.
Discussione preliminare
Affrontiamo un tema, relativo al punto 2 dell' elenco precedente, di cui si è molto dibattuto: si tratta di puntare ad installare l'adattamento alla progressione umana in grotta sulla persona invece che sulla grotta.
Non turistizzare le grotte, grottizza i turisti , si sente dire.
L' idea è chiaramente simpatica e non per caso suscita molta approvazione in chi lo fa tutte le domeniche su di sé, cioè gli speleologi, tant è che un tempo ci sembrava proprio questa l'impostazione che l associazione degli speleologi doveva puntare ad ottenere dalle grotte turistiche: adattamenti minimali e fornitura di attrezzature ai turisti.
In realtà questo approccio è tutt' ora assai sensato e praticabile in moltissime grotte, e in particolare quelle non tanto belline, prive di strutture delicate e classificabili tendenzialmente come grotte di alta energia ; si tratta di ambienti in cui è economicamente molto arrischiato fare adattamenti costosi ma in cui è sensatissimo ed innocuo accompagnare visitatori senza grossi investimenti in impianti. Ma ad un
certo momento ci pareva questa non fosse una soluzione per certi casi ma "L'Alternativa Praticabile agli Adattamenti Turistici" , in generale e per qualsiasi grotta.
Poi ci abbiamo riflettuto.
Osservando attentamente i vari tratti di grotte turistiche si è visto che per ottenere la protezione di zone delicate è necessaria una separazione fisica della zona dallo spettatore. In genere essa è ottenuta dalla grotta stessa grazie a fango, tratti non illuminati, salti: ma ogni tanto occorrono anche ringhiere e vetrate.
Dove questo non è stato fatto tutto quello che poteva essere rotto è stato rotto, esattamente come è capitato coi monumenti.
Questa, in sostanza, non è stata una gran scoperta: in nessun luogo del pianeta esistono musei che lascino al visitatore la possibilità di toccare gli oggetti esposti. La grande maggioranza delle persone si controllerebbe, ma alcuni non resisterebbero alla tentazione di toccare, anche senza voler distruggere, e questo, ripetuto a sufficienza, basta a distruggere l oggetto: si pensi alle parti delle statue che toccare porta bene , erose da carezze. E poi ci sono i vandali: sono rari, ma ci sono, e loro desiderano specificamente distruggere il bene altrui se sono sicuri di rimanere impuniti. Tutti noi ne avremo avuto piccoli esempi durante i corsi di speleologia, o grandi esempi nelle città sugli oggetti lasciati alla buona creanza di chi li usa.
Non è dunque una gran scoperta che per mostrare cristalli a delle persone non selezionate bisogna prima proteggerli, e dunque è ovvio che eliminare le barriere architettoniche naturali (tratti bui e scoscesi) o artificiali che proteggono le grotte è un idea idiota.
Ma mi chiesi perché mi era parsa così buona un idea che era evidentementeestremamente pericolosa e cattiva.
Elenco i motivi che ho trovato nelle mie profondità:
1) Essa soddisfaceva il fatto di non sentirmi accusare di essere unico fruitore della grotta: dimostrava che ero altruista.
2) Mi dava la sottile soddisfazione di far piegare il salumiere alle esigenze della speleologia e non la grotta a quelle del salumiere: dimostrava che ero protettore del mondo sotterraneo.
3) Mi dava la gioia di dare un contatto reale (per quel che è reale quello degli speleo ) del turista alla grotta: dimostrava che ero scientifico .
4) Soddisfaceva il desiderio di introdurlo non solo alla grotta ma proprio alla speleologia: dimostrava che ero un missionario, anche se con una certa pelosità perché mi conservava il ruolo dominante.
5) Ottenevo di far riconoscere come lavoro quello degli speleologi e non solo quello dei ciceroni ( quella concrezione sembra un elefante ): dimostrava che ero attento a problemi sociali quali la disoccupazione.
6) Ancor più importante, faceva sì che esistessero speleologi e non speleologi, realtà separate e non mescolabili: dimostrava che c era una diversità (di fatto: superiorità) culturale fra chi va in grotta e chi non ci va.
7) Staccava in modo radicale il concetto di turista da quello di speleologo che, anche nel momento in cui andava a guardarsi una grotta, faceva comunque qualcosa di diverso da quello che fa chi va a vedere una chiesa o un bosco.
8) Sopra ogni cosa, dichiarava solennemente che il mio, il nostro impatto ambientale era trascurabile e che dunque avevamo ragione a fare quel che volevamo là sotto, perché lo speleologo è automaticamente un ambientalista, indipendentemente da come si comporta.
Insomma, nell' idea di adattare i turisti alle grotte c' erano molte rassicurazioni per me speleologo, e non era affatto strano che quest idea mi apparisse così accettabile.
In realtà c è anche un altro motivo per cui essere favorevoli a quest'idea, motivo che non ho citato nell'elenco perché è di tipo diverso: l adattare il turista crea un nuovo mestiere, la guida speleologica vera e propria, e fa sì che la nostra costosa e inutile specializzazione diventi un mestiere, quello di accompagnare sciami di Rambini con caschi sbilenchi per ogni dove. Ma questa possibilità riguarda pochi, anche se dobbiamo rifletterci già ora: come resisterà il nostro speleologo disoccupato alla tentazione di andare dai gestori di una grotta turistica a vendere accompagnamenti nelle sue zone profonde, dove mai ci saranno adattamenti? Non lo farà per paura che la grotta degradi? E anche nell'ipotesi (per me incredibile: preferirà teorizzare che non degrada) che non lo faccia per questo, come potrà avere la sicurezza che non lo facciano altri, peggio di lui? E come resisterà il gestore all'ipotesi di guadagnare di più senza investire un centesimo?
Dobbiamo pensarci.
Un sospetto
Proprio la riflessione su queste cose mi spinse a riflettere e ad insospettirmi su di me. Non dico di me quando portavo sacchi di spazzatura in Fighiera e ce li lasciavo,quello era un comportamento superato da un quarto di secolo, ma proprio di me ora. Di te. Del mio chiodo. Del mio strisciare, disostruire, allargare, camminare. Mi accorsi che, banalmente, l impatto ambientale degli speleologi ha in genere un
effetto abbastanza piccolo perché passiamo poco, ma è enorme per unità di passaggio. Non solo: le grotte che, da inesplorate, erano state sensibilissime anche all effetto degli speleologi, ora erano degradate e ci apparivano insensibili solo perché il nostro passaggio aveva già distrutto tutto quel che poteva.
Adattando noi alla grotta ci siamo adattati a percorrerla tutta. Quello che chiamiamo sviluppo tecnico della speleologia non è altro che il perfezionamento della nostra possibilità di andare ovunque rimpicciolendo il territorio inaccessibile: a grandi profondità sott'acqua, dietro strettoie micidiali, sotto pozzi rombanti di cascate, alla sommità di camini svettanti nel buio, dentro ghiacciai. Guardatene, in quest'ottica, le
cronache che ne danno le riviste di speleologia.
Adattando noi potevamo andare ovunque, in linea di massima. Anzi, io avevo lavorato parecchio per far sì che fosse possibile, sviluppando sia tecniche che modi di insegnamento, proprio per permettere un aumento dell'utenza di massa .
Mi accorsi che mi offendevo di certe zone sporche solo perché in genere, per stile di attività, avevo la fortuna di percorrere grotte poco o affatto percorse. Le zone sporche non erano tali perché frequentate da maiali, ma perché frequentate da tante persone.
E poi, girando, girando e rigirando, capii che noi speleologi altro non eravamo che adattatori di prima turistizzazione. E del resto gran parte dell'attività di noi speleologi era da inquadrare fra quelle del tempo libero, cioè, in sostanza, nel turismo domenicale di cui era una forma speciale.
E vidi che i miei manuali tecnici insegnavano a realizzare questi adattamenti analizzando chiodature e messe in sicurezza ... Che i miei libri dicevano esplicitamente fai bene l'adattamento già in fase di esplorazione, così la gente che poi viene in visita non deve farne un altro e tu potrai continuare a fare altri
adattamenti altrove perché non ti ammazzerai, questa volta .
-Giovanni, hai scritto Tecniche di Grotta ?-
-Macché! Sono autore di: Tecniche Individuali di Adattamento Turistico delle Grotte -
Un argomento in cui sono diventato maestro senza accorgermene, credendo di fare Amundsen. Anzi, di lui voglio ricordare una frase che qui ben si adatta: Per tutta la vita ho sognato di arrivare al Polo Nord e ora eccomi qui, al Polo Sud Gli utenti del mondo sotterraneo. Riprendiamo ad approfondire. Va fatta la distinzione fra:
1) Attività dei ricercatori iniziali;
2) Attività escursionistica;
3) Attività dei turisti;
La prima, di chi apre, esplora, rileva, documenta la grotta è l attività tesa ad ampliare le conoscenze che abbiamo sul fenomeno carsico. Si tratta di un aspetto piccolo della conoscenza umana, ma è pur sempre conoscenza, e dunque è un attività di tipo istituzionale .
La seconda è quella di chi, con attrezzature specifiche, va nelle grotte a puro scopo
di visita. Essa arricchisce non le conoscenze umane, ma quelle individuali, facendo
crescere l esperienza della persona. E esperienza ludica e formativa, in genere base
propedeutica essenziale per realizzare le ricerche citate nel paragrafo precedente.
La terza è l attività di chi, senza attrezzature specifiche, va nella grotta a puro
scopo di visita. In realtà se ne può dire esattamente quanto ne abbiamo detto per
l attività escursionistica, con la differenza che, invece di pagare negozianti e istruttori,
paga un gestore. Inoltre è una attività di accostamento al mondo sotterraneo che, se
fatta con criterio, può darne davvero un idea più precisa.
Vediamo gli impatti delle singole attività.
Attività di ricerca
L'impatto dei primi ricercatori è enorme. Per adattare la grotta dal livello di assoluta impercorribilità a quello di percorribilità per persone adattate essi si sentono in diritto di fare operazioni che, in altro contesto, sarebbero impensabili: disostruzioni di ingressi, distruzioni di concrezioni, lancio sistematico di massi in pozzi senza sapere cosa c è sotto, avanzate distruttive su pavimenti concrezionati, abbandono di materiali, scritte operative sulle pareti e via dicendo.
Sta di fatto che chi opera in contesto esplorativo ha la finalità primaria di aprire la st rada nella m ont agna a sé e ai suoi compagni, non quella di preparare la grotta per altri. L adattamento che vi fa in genere può essere utilizzato con sicurezza solo da lui stesso, che ne conosce i punti deboli: allargamenti di misura, chiodature sommarie, cattiva pulizia ( occhio alla lama in bilico a destra del secondo frazionamento! ) e via
discorrendo. Tutto questo lo potremmo chiamare primo adattamento.
In confronto all'impatto di queste operazioni adattative l impatto della sola presenza fisica degli esploratori è trascurabile. D'altra parte è grazie ad essi che quella particolare grotta viene inclusa nell ambito
culturale umano.
Attività di escursionismo
L impatto degli escursionisti è infinitamente più ridotto, e quasi limitato ai puri danni della presenza fisica delle persone. Le discesa attuali sono molto più attente ai danni ambientali di quanto accadeva un tempo; si è ridotta la percezione di realizzare la grande impresa e grazie a questo non si hanno più le scuse che si usavano un tempo per abbandonare i materiali: non si possono invocare stati di necessità e dunque mi sembra che l abbandono di rifiuti o la distruzione di concrezioni siano diventati estremamente rari.
Ma rimane l impatto della presenza fisica. Possiamo dare un occhiata all impatto locale di una operazione relativamente massiccia (esercitazione del CNSAS) in una grotta di alta montagna.
Si tratta dell abisso Belushi, nella Conca delle Carsene (Marguareis) in Piemonte.
grafico 1)
Il data-logger è stato messo in opera ad un centinaio di metri di profondità una settimana prima dell operazione, in modo da avere la sicurezza della sua stabilità. Si vede come infatti la temperatura è rimasta invariata per tutto il tempo sino alla fase operativa che ha visto sia aumentare la temperatura che diminuire la umidità. Il
grafico seguente mostra una evidenziazione del dato di temperatura nel periodo della variazione.
temperature.
grafico 2)
Essa è salita di circa due gradi in una decina di ore e dopo un altra decina dalla fine delle operazioni non era ancora tornata ai valori naturali. Insomma, l impatto della presenza fisica delle persone può essere tutt altro che trascurabile. Che danni ha fatto in questo caso? Ragionevolmente nessuno, ma in realtà non lo sappiamo con sicurezza, e sappiamo invece che una perturbazione analoga, in altri posti più
sensibili, avrebbe fatto danni. Passiamo all'impatto legato alle modifiche fisiche della grotta.
In precedenza abbiamo citato il fatto che il primo adattamento non è utilizzabile da persone diverse da quelle che lo hanno fatto, come dimostra l enorme casistica di incidenti capitati a chi ha ignorato questo semplice fatto. Fra di essi sono da includere, naturalmente, non solo le rotture di vecchi materiali abbandonati, ma anche gli errori di manovra per armi troppo complessi o le scivolate di persone scese senza chiodi e corde di riserva a fare una visita in posti dove mancavano attrezzamenti. Per questo eccellente motivo le grotte molto frequentate vengono periodicamente messe in sicurezza con armi speciali che permettano a persone poco adattate (tipicamente: gli allievi dei corsi) una progressione sicura, o un recupero più rapido in caso di incidente. Questo tipo di adattamento (lo chiameremo secondo adattamento ), finalizzato a perfezionare quello fatto dagli esploratori, ha proprio lo scopo di essere utilizzato da persone diverse da quelle che lo hanno realizzato, ed è percorribile sulla base di semplici cognizioni complessive delle tecniche di grotta. E, si noti, proprio per questa sua mira di massa viene in genere realizzato da consorzi di gruppi o federazioni speleologiche regionali Si tratta di operazioni che sicuramente aggravano i danni fatti dai primi adattamenti, ma sono molto consigliabili perché in genere razionalizzano le conseguenze di un danno ormai irreversibile, permettono l avvicinamento di estranei
alla pratica speleologica e, alla lunga, favoriscono il mantenimento della pratica e dell'interesse per il mondo sotterraneo.
Attività turistica
I turisti non adattati hanno un impatto di adattamento individuale della grotta nullo (nessuno di essi può modificare le strutture esistenti), ma la necessità di adattare la grotta al turista implica un impatto enorme, tanto maggiore quanto più si vuole che la visita sia aperta a tutti, disabili o no.
Esso è tanto grande e dannoso che, a causa dell'ignoranza dei delicati equilibri dei sistemi ipogei, gli adattamenti hanno più volte distrutto il bene che si intendeva mostrare, uccidendo così la Gallina dalle Uova d Oro. Questo, per fortuna, sta generando numerosi studi cui non posso far altro che rimandare (vedi ad esempio gli atti degli incontri dell'International Show Caves Association). Permane inoltre l impatto della presenza fisica dei turisti, con tempi di permanenza molto più brevi e con minor fatica e dunque rilascio di calore. Ma sono tanti ed inoltre passano sempre nelle stesse zone sotterranee. La esiguità delle zone sotterranee su cui è applicato questo impatto da una parte delimita il problema, dall'altra localmente lo aggrava.
Calore
L inquinamento termico è una realtà che, come abbiamo visto, può essere facilmente misurata anche in semplici discese di gruppi un po numerosi. All'origine c è il fatto che produciamo ineluttabilmente calore, che poi cediamo all'ambiente. Il fabbisogno basale necessario alla vita di una persona è di circa 2000
kcal al giorno, equivalenti alla potenza di una lampadina di 100 W. Questo calore deve essere ceduto continuamente all'ambiente fuori di noi: se così non fosse la nostra temperatura corporea salirebbe di oltre un grado all'ora Nel caso di attività fisica pesante il fabbisogno cresce. Possiamo ammettere che
quello dell attività speleologica sia il triplo di quello basale. Una parte sostanziale dell inquinamento termico proviene dalle luci. Quelle sul casco degli speleologi bruciano 20 l/h di acetilene, un gas che rilascia 57 kJ ogni litro. A questo va aggiunto il calore liberato dalla reazione carburo-acqua, in ragione di 78 kJ per ogni litro di acetilene prodotto. Dunque possiamo ammettere che per illuminare il cammino di uno speleologo occorra una potenza termica di 800 W.
Si noti, intanto, che questo spiega perché generatore e fiamma siano in grado di scaldarci sotto un telo termico: si tratta di stufette piuttosto potenti. Inoltre si pensi che l energia liberata in un ora da uno speleologo è la stessa che rilascerebbe il bruciamento di 100 g di benzina: la discesa in grotta di un corso di speleologia dal punto di vista del rilascio termico è equivalente al bruciamento di una tanica di
benzina. Più difficile è la valutazione della potenza necessaria ad illuminare il cammino di un turista, dato che l impianto è collettivo e non individuale. Prendendo ad esempio una grotta fortemente illuminata (Frasassi, 400 kWh al giorno) possiamo stimare in circa 300 W a persona il valor medio di questa potenza, circa un terzo di quella di un tipico impianto individuale.
Anidride carbonica
E stata una delle sorgenti di inquinamento più temute dato il ruolo che essa svolge nella formazione delle grotte (speleogenesi) e nella deposizione di mineralizzazioni. Gli studi recenti sembrano però indicare che anche nelle situazioni dove il rilascio umano è più concentrato (grotte turistiche), il valore della fluttuazione introdotta dall'uomo è ben inferiore alla variabilità naturale dell'anidride carbonica in grotta, almeno nella
generalità dei casi. Per completezza pare però opportuno trattarla. Il carbonio della molecola di questo gas che emettiamo ad ogni espirazione proviene interamente dal cibo: è questo uno degli esempi di quanto affermavamo all'inizio sulle fonti di impatto: noi inghiottiamo cibo (struttura altamente ordinata) e
lo riemettiamo in gran parte in forme semplici e disordinate con la respirazione. C è una proporzionalità diretta fra l energia spesa e la anidride carbonica emessa:
grosso modo possiamo ammettere che per ogni 1000 kcal di lavoro spesi (0.2 kg di carboidrati) espiriamo 0.3 kg (150 litri) di anidride carbonica. Con le energie spese all'ora dai turisti (80 kcal/h) e dagli speleologi (il triplo) possiamo ammettere che gli uni rilascino circa 12 l/h e gli altri 35 l/h di anidride carbonica. Nel caso della nostra attività dobbiamo però aggiungere il rilascio della fiamma: ogni molecola (e quindi ogni litro) di acetilene bruciando ne produce due di anidride carbonica. Dunque la luce produce 40 l/h di anidride carbonica, circa quanto noi stessi respirando. La tabella mostra questi dati e mostra pure che il rilascio totale di gas è irrilevante nel caso dell'attività di ricerca. Il rilascio dovuto all'attività escursionistica è invece tre volte maggiore di quello dovuto all'attività nelle grotte turistiche, ma per quanto detto all inizio di questo capitolo appare marginale a causa del fatto che:
1) è disperso su un territorio molto più vasto di quello adattato turisticamente;
2) gran parte delle grotte oggetto di escursionismo sono ad alta energia , cioè sono percorse da ingenti flussi d aria, mentre di norma quelle turistiche lo sono molto meno. Salvo casi eccezionali (grotte quasi totalmente isolate dall'esterno o con graffiti o simili), in cui può diventare inquinante anche il vapor d acqua che emettiamo, ci pare che l impatto dell'anidride carbonica rilasciata dagli speleologi sia trascurabile.
Polveri e microbi
Il problema dell inquinamento da polveri si è soprattutto evidenziato nelle grotte turistiche, dove l altissima concentrazione di passaggi in zone spesso molto bianche rende l impatto evidente, tanto che sta diventando uno dei principali oggetti di studio di chi si occupa di impatti da adattamenti turistici.
In pratica ognuno di noi è accompagnato da una locale nube di polveri che si porta appresso anche in grotta, dove essa viene abbattuta e trasferita sulle pareti, ove si fissa. Quella degli speleologi si distribuisce su spazi molto maggiori, e inoltre l assenza di luci permanenti nelle zone che frequentano impedisce che i microrganismi portati possano proliferare.
D'altra parte lo speleologo, oltre alla sua dose normale, si porta appresso un potenziale generatore di fumi neri (beccucci mal funzionanti) che in altre parti del mondo (ad esempio gli Stati Uniti) è stato abolito dalla pratica speleologica proprio per questo motivo. Soprattutto, però, si porta appresso un tipo di polveri che è probabile molto subdolo: microrganismi ipogei che egli sposta da una grotta all'altra con la sua
attrezzatura sporca. Non credo siano mai stati fatti studi specifici su questo punto, e del resto si sa
pochissimo della vita microscopica nelle grotte. Ma grazie ad una collaborazione fatta a suo tempo con una ditta farmaceutica, interessata alla ricerca di microrganismi utili , ho potuto scoprire che, anche all'esterno, siamo circondati da nicchie ecologiche abbastanza separate l una dall'altra, ognuna con suoi tipici microrganismi. Questa del resto è una cosa ben nota a tutti i produttori di formaggio Da questo punto di vista le grotte sono (o meglio: erano ) molto probabilmente ambienti ecologicamente separati, da una montagna all'altra, ma con tali somiglianze ambientali che organismi adattati in una montagna sono molto probabilmente in grado di colonizzarne un altra. E per questo che credo di poter essere sicuro che i miei
imbraghi, sporchi di fango del Marguareis, abbiano portato novità nelle grotte apuane, e viceversa
In assenza di studi non possiamo quantificare questo invisibile danno, che solo gli speleologi molto attivi e non locali possono vantarsi di fare, ma è logico sospettare che possa essere smisurato.
Lo scopriremo quando si inizieranno le ricerche sulla microbiologia delle grotte, a buoi scappati da molto tempo.
Quantificazione
Ora tentiamo di quantificare quel che è possibile degli impatti. Abbiamo alcuni dati abbastanza sicuri. I praticanti speleologia in Italia sono circa 5000, e circa due milioni i biglietti venduti dalle grotte turistiche.
Le grotte in Italia sono circa 30 mila, per 2300 km di sviluppo, di cui una ventina (15 km di sviluppo adattato) le principali grotte turistiche, responsabili della quasi totalità dei biglietti venduti.
La permanenza media di un turista è di circa un ora, mentre possiamo ammettere che quella di un escursionista sia di 200 ore all'anno (20 o 30 visite all'anno per 5 o 10 ore a visita). Valutare quanto sia il tempo speso in esplorazione diventa invece molto difficile. Ci sono gruppi grotte che riconoscono come attività solo quella di ricerca, altri che non sanno neanche che ci sono ancora grotte da scoprire. Possiamo ammettere, per fissare le idee, che gli esploratori siano 200 su 5000, un modo conciso per dire che, in media, un venticinquesimo delle uscite sotterranee annuali di uno speleologo è dedicato alla ricerca.
Naturalmente l attività di ricerca si estende, per definizione, sull'intero territorio carsico, mentre è molto difficile quantificare il territorio su cui si pratica escursionismo. Nel Complesso del Corchia solo circa 5 km dei suoi 50 e passa sono oggetto di assidui succedersi di visite e, in attesa di valutazioni più precise, possiamo prendere questo dato del 10% come applicabile all'intero territorio. Vuol dire che in tutta Italia le zone percorse dall'escursionismo speleologico assommano ad un paio di centinaia di chilometri: non pare una stima irragionevole.
Abbiamo prima ammesso che le ore di attività escursionistica siano 200 all'anno per addetto. Il numero totale di ore trascorse in grotta da speleologi è dunque dell'ordine del milione, dello stesso ordine di grandezza dei due milioni di ore fatte dai turisti. Abbiamo prima ammesso che 1/25 delle discese sia fatto per motivi di ricerca: in genere le discese esplorative sono più lunghe di quelle escursionistiche ma solo una minuscola frazione è spesa in zona esplorativa vera e propria. Per ora facciamoci andare bene che 1/100 (?) del tempo totale (cioè 10 mila ore) sia speso in esplorazione e andiamo avanti.
tabella 1)
La tabella, in cui si è arrotondato tenendo conto delle cifre significative delle stime, riassume quanto detto. Si vede come il rilascio di calore dentro le grotte dovuto agli speleologi sia davvero grande ma, disperso com'è su zone vaste, possa non comportare in genere un vero inquinamento termico, come invece può capitare nelle grotte turistiche. Ma è una valutazione da fare caso per caso.
Il problema polveri è stato stimato marginale nel caso dell'attività esplorativa, che in genere opera a buone distanze dall'esterno, discreto nell'attività escursionistica e gravissimo in quella turistica data la concentrazione dei passaggi, la loro vicinanza all'esterno e la presenza di luci semi-permanenti e in posizione fissa. L opposto vale per le inter-contaminazioni biologiche da montagna a montagna:
l impatto esplorativo è sicuramente enorme perché applicato a regioni quasi intonse, minore per l attività di escursionismo, che arriva a danno quasi fatto, nullo per l'attività turistica data l occasionalità delle visite fatte dal singolo turista, che ben difficilmente visita grotte turistiche lontane in rapida sequenza e sempre con gli stessi vestiti. I residui abbandonati dipendono non dal tipo di attività ma dalla durata delle
discese: in un ora si respira e basta, in dieci si fa anche pipì (e se non la si fa è perché si sta bevendo troppo poco), in più giorni si deve fare proprio tutto. Sta di fatto che le grotte inesplorate hanno un odore completamente diverso da quelle molto percorse, e non solo nei pressi dei campi interni: il motivo è quasi certamente da ricercare nelle tracce di residui organici e nei microrganismi che vi abbiamo abbandonato, ma credo che basti questo indizio appena percettibile per farci riflettere sul nostro impatto.
Il problema economico nell uso delle grotte varia con continuità. E innegabile l impatto psicologico sgradevole che dà il dover pagare per entrare in una grotta pagando un affitto delle infrastrutture adattative ( io pagare per andare in grotta? ),
ma è pure un fatto che Petzl e Steinberg non ci regalano i materiali per adattare noi, come è un fatto che anche nell ambito dell escursionismo l impegno economico (professionale o no) sia ben presente e, purtroppo, in crescita. Valut azione dell im pat t o
Il punto chiave che abbiamo toccato è, naturalmente, quello della valutazione
dell impatto ambientale: certe azioni che in una grotta sarebbero irrilevanti in un altra
causano danni irreversibili. La massima parte degli speleologi non riflette su questo e
punta invece a passare una bella domenica esplorando o visitando.
I primi che si sono trovati ad affrontare questo problema sono stati proprio alcuni
gestori di grotte turistiche che si sono accorti del rischio di perdere la grotta, e con
essa il lavoro, a causa di strane reattività di quel mondo ad azioni che parevano
banali.
Merito incalcolabile di Arrigo Cigna in questi decenni è stato proprio quello di
dedicarsi ad accrescere l interesse per questi meccanismi, a livello mondiale, e a
sensibilizzare molto gestori su questi problemi, curando la parte scientifica dei
congressi della già citata International Show Caves Association.
La ricaduta di questa attività non è stata solo quella di proteggere la singola grotta
(con l irritante conseguenza di proteggerne lo sfruttamento economico), ma
soprattutto quella di aver fatto crescere la coscienza della complessità di quegli
ecosistemi, chiarendone pure molti problemi e sensibilità.
Il lavoro è stato dunque avviato, molti anni fa, in modo indipendente dal mondo
speleologico usuale, e prosegue tuttora con risultati notevoli e ora se ne comincia ad
avere una conoscenza un po più precisa . Molto, naturalmente, è ancora da fare.
Ma proprio per come è nata e per come è stata portata avanti l analisi della
vulnerabilità delle grotte è un problema che sino ad ora ha esulato dal mondo di chi fa
attività speleologica, un po per scarsezza di contatti e un po per il timore che la
conoscenza portasse con sé delle limitazioni.
Ma è importante che anche fra noi importiamo queste conoscenze e ci rendiamo
conto che anche noi, azione per azione, dobbiamo ragionare sulle conseguenze di quel
che facciamo e pretendere anche dalla nostra attività quello che andiamo pretendendo
dagli adattamenti turistici: reversibilit à e m ant enim ent o delle condizioni precedent i il
nostro passaggio.
Questo implicherà la prosecuzione dello sforzo ecologico che per ora ha ottenuto
di convincere i più ad estrarre dalle grotte il carburo esausto. Dobbiamo imparare ad
estrarre tutto, a minimizzare gli attacchi e le disostruzioni, a riflettere sulle messe in
sicurezza, a imparare a valutare la sensibilità delle cavità. A volte dovremo rinunciare
non solo a visite ma pure a esplorazioni, sino a che non si formeranno le condizioni
per farle in modo compatibile con la delicatezza della cavità.
Sotto la calotta antartica c è un lago, isolato da milioni di anni: le trivelle russe
hanno perforato 3500 metri di ghiaccio e si sono fermate nei suoi pressi perché
entrandovi l avrebbero inquinato, distruggendone l isolamento. Ora si attende che
l evoluzione delle tecnologie ci fornisca modo di entrare in quel regno senza
disturbarlo.
Ecco, anche noi dobbiamo imparare ad essere disponibili ad agire così.
Conclusioni
Ho seminato quintali di immondizie nel sottosuolo in trent anni di attività, vi ho
causato innumerevoli piccole distruzioni, ho convinto innumerevoli persone ad
avvicinarsi a questa magnifica attività in meravigliosi ambienti, dove alcune di esse
sono morte. Sono contento di tutto questo, ma proprio sulla base di queste esperienze
penso sia necessario ripensarci e lottare per una percezione equilibrata dell impatto
umano sull ambiente ipogeo.
Ho dunque voluto fare qui una rassegna preliminare di note sull impatto ambientale
dell attività speleologica perché ritenevo fossero necessarie molte precisazioni,
distinguendo in particolare fra esplorazioni e gite, ma soprattutto perché credo sia ora
di liquidare definitivamente il mito del basso impatto dell attività speleologica.
So benissimo che molte cose avranno urtato in modo molto profondo la
suscettibilità di alcuni di noi, perché dietro le frasi di difesa del m ondo sot t erraneo,
assai diffuse nel mondo speleologico, stanno nascoste la difesa della propria libertà
int egrale in un m ondo separat o dal quot idiano, la difesa della propria diversità
culturale dagli altri e, a volte, l illusione di essere degli Amundsen.
Questi sono valori che nel sentire di molti speleologi sono immensamente maggiori
dell integrità del mondo sotterraneo e dunque qualcuno, qua e là, si sarà ritrovato a
leggere a denti stretti.
Eppure bisogna prendere coscienza del problema.
All inizio dell articolo ho fatto una serie di osservazioni su importanti mutamenti
dell interazione fra gli uomini e l ambiente. Anche noi speleologi dobbiamo fare la
nostra parte, ampliando le conoscenze dei meccanismi di impatto dell uomo sul mondo
sotterraneo, tuttora ben lontane da un livello sufficiente, e diffondendo queste
conoscenze al livello degli utenti di base.
La difesa del mondo sotterraneo dalla distruzione operata dagli esseri umani è una
battaglia molto difficile che stiamo conducendo lentamente e con comprensione. Ma
sinora ha dato già grandi risultati e bisogna proseguirla.
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